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Conversazioni sull’educazione
genuinamente impegnate nel cercare di far crescere bene gli allievi, come
una serra in cui gli studenti debbano unicamente acquisire ed essere capaci
di ripetere una serie predefinita di nozioni, e mi è venuto in mente che alla
base di tutto questo debba esserci una doppia ipersemplificazione: la prima,
dell’autrice insegnante che, frustrata nel suo desiderio di far imparare a me-
moria le nozioni che trasmette ai suoi studenti (e temo che la sua insistenza
su Torquato Tasso, uno dei «classici» italiani più noiosi che ricordi, le renda
il compito ancora più arduo), non trovi niente di meglio da proporre che
la soluzione di allontanare chi non studia, di autorizzare a non studiare chi
non risponde ai suoi criteri; la seconda ipersemplificazione riguarda invece
i suoi lettori, a loro volta frustrati nel veder fallire i propri sforzi educativi
e pronti quindi a salutare con entusiasmo chi osi proporre una soluzione
semplice e fattiva, chi sappia, come Mastrocola, indicare come recidere il
nodo gordiano.
Zygmunt Bauman
Ci sono voluti più di due millenni, da quando gli antichi saggi greci
inventarono la nozione di
paideia,
affinché l’idea di
lifelong education
(«educazione per tutto il corso della vita») si trasformasse da un ossimoro
(una contraddizione in termini) in un pleonasmo (come «burro burroso» o
«ferro metallico»), quantunque questa importante trasformazione sia avve-
nuta in tempi recenti — negli ultimi decenni, sotto l’impatto del passo di
cambiamento radicalmente accelerato nell’ambito sociale in cui entrambi i
principali attori dell’educazione, gli insegnanti e i discenti, dovevano agire.
Nel momento in cui iniziano amuoversi, la direzione dei missili balistici
e l’estensione del loro tragitto sono già stati decisi dalla forma e dalla posizione
della canna e dalla quantità di polvere da sparo contenuta nel proiettile. Si
può calcolare con scarso o nessun errore il punto in cui il missile atterrerà,
e si può scegliere quel punto spostando la canna o modificando la quantità
di polvere da sparo. Queste qualità dei missili balistici li rendevano le armi
ideali da usare in una guerra di posizione — dove i bersagli erano protetti
in trincee o rifugi e i missili erano i soli corpi che si muovessero.
Queste stesse qualità li rendono tuttavia inutili allorché i bersagli invi-
sibili allo sparatore cominciano a muoversi — specialmente se si muovono