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Conversazioni sull’educazione
Il grande sociologo italiano Alberto Melucci diceva che «siamo afflitti
dalla fragilità del presente che invoca una base salda là dove non esiste niente
del genere» (Melucci, 1996, pp. 43 e segg.). E quindi, «quando contem-
pliamo il cambiamento, siamo sempre dibattuti tra desiderio e paura, tra
aspettativa e incertezza». Incertezza significa
rischio
— inseparabile compagno
di qualunque azione e spettro sinistro che assilla i decisori compulsivi e i
selezionatori per necessità che siamo diventati dacché, come scrive effica-
cemente Melucci, «la scelta è divenuta un destino»
(ibidem).
A voler essere precisi, dire «è divenuta» non è interamente corretto,
poiché gli esseri umani scelgono dal momento in cui sono diventati umani.
Ma è legittimo affermare che in nessun’altra epoca la necessità di effettuare
scelte è stata sentita in modo tanto profondo e l’atto di scegliere è diventato
così acutamente impacciato poiché viene compiuto in condizioni di dolorosa
ma incurabile incertezza, sotto la costante minaccia di «essere lasciati indie-
tro» e di essere esclusi dal gioco, di perdere il diritto di risalire dal proprio
fallimento alle nuove opzioni. Ciò che separa l’agonia della scelta dei nostri
giorni dai disagi che tormentavano l’
homo eligens,
«l’uomo che sceglie» in
ogni momento, è la scoperta o il sospetto che non vi siano regole prestabilite,
e universalmente approvate, suscettibili di essere seguite assolvendo colui che
sceglie dalle conseguenze avverse della propria scelta. Le linee guida e i punti
di riferimento che sembrano attendibili oggi saranno con ogni verosimiglianza
smontati domani e definiti fuorvianti e non più degni di fiducia. Le aziende
che si riteneva fossero solide come la roccia vengono smascherate e si rivelano
invenzioni dell’immaginazione dei loro amministratori. Qualunque cosa
sia «buona per te» oggi può essere ribattezzata domani come il tuo veleno.
Gli impegni più saldi e i contratti firmati con più solennità possono essere
disdetti da un giorno all’altro. E le promesse, o la maggior parte di esse,
sembrano essere fatte solo per venire tradite e infrante. Sembra non esserci
un’isola stabile e sicura su cui ripararsi dai flutti. Per citare ancora Melucci:
«Non possediamo più una casa; veniamo ripetutamente invitati a costruirne
e ricostruirne una, come i tre porcellini della fiaba, o dobbiamo portarcela
dietro sulle spalle come le lumache»
(ibidem).
In un mondo del genere, si è costretti perciò a prendere la vita un
pezzetto alla volta, come viene, aspettandosi che ogni pezzetto sia diverso
dal precedente e richieda conoscenze e abilità differenti. Gregory Bateson,
uno dei più acuti antropologi di tutti i tempi, famoso per la sua capacità di