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PEDAGOGIAPIÙDIDATTICA
vi era la consapevolezza che l’alterità non può essere né eliminata con violenza né
assimilata: è necessario dare vita a processi di incontro, di dialogo e di convivenza
pacifica nella ricerca di regole e limiti condivisi. Si sentiva il bisogno di un
ethos
comune.
Tale periodo postbellico della ricostruzione, non solo materiale ma anche cultu-
rale e assiologico, teso a gettare le fondamenta per la comune vita civile, negli anni
Ottanta è stato soppiantato dall’età del
consumo.
Dalla fase del bisogno
(I-need)
si
passò a quella della pretesa
(I-want),
instillando uno stravolgimento dei sistemi di
valori che persiste a tutt’oggi
(Bachmann, 2008, p. 11).
Dopo le necessarie riforme liberali che hanno giustamente decretato la morte
delle forme di governo autoritarie e oppressive (era vittoriana; dittature fasciste e
comuniste; governi teocentrici), oggi nei Paesi industrializzati viviamo una fase
definita del
neoliberismo.
L’ordine neoliberale ha potenziato le egemonie, fornito
le ali al capitalismo senza regole (tranne le regole che cerca di darsi da solo) e sen-
za limiti (persino l’educazione e la formazione divengono elementi del capitale;
occasione per fare soldi). Si cerca di scoraggiare le riflessioni critiche, l’impegno
pubblico. Si affievoliscono anche alcuni valori del vivere civile (Hyslop-Margison
e Sears, 2006). Il mondo sperimenta l’esacerbazione della divisione fra Paesi, aree
e cittadini ricchi e poveri. Sussistono radicali cambiamenti volti alla soppressione
di principi morali a favore di logiche di mercato. Gli effetti disumanizzanti del
neoliberismo, compresa la manipolazione dell’opinione pubblica, induconomilioni
di cittadini negli Stati democratici a inseguire unicamente il miraggio dell’accu-
mulo di soldi, beni materiali e potere, a scapito del bene comune. Competizione,
efficienza, individualismo e standardizzazione sembrano essere attuati a danno
dell’attenzione alla singola persona umana (donna, uomo, bambino, anziano, por-
tatore di handicap o straniero); a scapito della comunità: bisogno di far parte di un
gruppo, di accettazione, rispetto, amore; a svantaggio del rapporto con l’ambiente
in cui viviamo, il terreno, l’acqua, la natura (Sumner, 2008).
La potente onda neoliberale non solo ha manipolato strutture sociali, la modalità
di produrre, dividere e spendere ricchezza, ma esercita un influsso pervasivo anche
nel sistema scolastico. Scuole in pressoché tutti i Paesi industrializzati si trovano
a sottostare a logiche di mercato e si trovano sempre più costrette a instillare
conformismo politico-culturale a scapito dell’engagement, della responsabilità
e dell’azione politica. Insegnanti di ogni ordine e grado rischiano di divenire «la
mano longa» del capitalismo e del neoliberismo «in the absence of proposed alter-
natives to invisible hand market principles and logic… [teachers] become active
proponents and participants in the ideological drift towards neo-liberal capitalism»
(Hyslop-Margison e Sears, 2006, p. 13). Le scuole di tutto il mondo rischiano
di perdere il ruolo centrale nel formare al pensiero critico e promuovere persone
e società eque, a misura d’uomo. L’individualismo competitivo, alimentato dalla
cultura del positivismo, pare contrastare l’
empowerment
della donna e dell’uomo:
ignorando questioni etiche e morali e avallando tacitamente forme di dominazione
gerarchica e di controllo.
La pedagogia e l’educazione, oggi, si trovano a fronteggiare situazioni inedite,
agendo all’interno di uno scenario particolarmente variegato, gravido di rischi e di
opportunità. Non si tratta più (solo) di far fronte a diversità di ordine linguistico
e/o culturale, magari per l’incontro fra persone provenienti da stati nazionali dif-
ferenti, ma occorre tener conto di ogni forma di cambiamento, anche sul piano
culturale, assiologico e morale, all’interno dello stesso stato nazionale, della stessa
città o quartiere. Il mondo stesso è cambiato, si è ristretto (Susi, 1999), divenen-
do sempre più globale e interdipendente. Oggi, specie a scuola e nelle istituzioni
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