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Educazione e competenze interculturali nella scuola di tutti
educative, è necessario muovere dalla consapevolezza che
la categoria della diversità
non rimanda a qualcosa di transitorio o emergenziale, non interessa solo pochi,
non rappresenta l’eccezione bensì la norma
.
In tal senso nel mio contributo presenterò la tesi di fondo che ogni buona
pedagogia, ogni buona educazione, dovrà considerare e gestire opportunamente
tutte le forme di diversità
. A fronte della globalizzazione, della complessità e dell’in-
terdipendenza in pressoché tutti i settori della vita,
ogni buona pedagogia e ogni
buona educazione dovranno essere di tipo interculturale
.
La rivoluzione pedagogica interculturale
Oggi il concetto «interculturale» è impiegato talmente spesso (anche in ma-
niera impropria), in così tanti settori differenti, da far perdere le tracce non solo
della sua valenza pedagogico-educativa ma persino del reale significato semantico.
Basta effettuare una veloce ricerca in internet per vedere apparire migliaia di siti.
La voce interculturale si riscontra nel linguaggio quotidiano, specie nei media
quando si trattano argomenti di attualità (una trasmissione televisiva ha il nome
di «bacio interculturale»; nella carta stampata «interculturale» è talvolta associato
a tutto ciò che attiene al diverso oppure ai rischi della convivenza etnica e cultu-
rale). Nel settore economico si rinviene soprattutto il concetto di «competenza
interculturale», vista come qualificazione di base per il personale, specie dirigenti
e quadri; oppure associata ai concetti di abilità di lavoro in team, di cooperazione,
ecc. Anche il concetto «interculturalità» ha fatto breccia in molte discipline, come
sociologia, etnologia, psicologia, filosofia, scienze politiche, scienze della comuni-
cazione, giurisprudenza, teologia, economia, persino in ingegneria dove si forma
a «competenze interculturali».
In ambito scolastico-educativo l’impiego è talmente vasto che a volte «intercul-
turale» e «multiculturale» si confondono, si usano come sinonimi o complementari.
In Italia, nonostante le numerose circolari ministeriali, anche fra educatori, inse-
gnanti e responsabili della politica scolastica molto spesso i principi fondamentali
dell’educazione e delle competenze interculturali sembrano essere fraintesi, poco
conosciuti e poco condivisi (Portera, 2006a).
Da un recente testo,
Intercultural and multicultural education: Enhancing global
interconnectedness
, curato da C.A. Grant e dal sottoscritto (2010),
1
emerge come
storicamente il concetto di «educazione interculturale» sia stato impiegato per la
prima volta negli Stati Uniti degli anni Cinquanta con un’accezione precipuamente
a carattere assimilatorio. Successivamente, negli anni Settanta, in concomitanza
con il movimento
Black is beautiful
, ossia le manifestazioni per i diritti civili dei
cittadini di colore, si è voluto rivendicare il diritto a un’identità differente, ma
anche l’orgoglio di essere diversi (slogan attuati in Europa soprattutto dai movi-
menti femministi, «donna è bello»). In seguito a ciò, non solo negli Stati Uniti,
ma in tutti i Paesi anglofoni si è sempre più sviluppato il concetto di
multicultural
education,
ampiamente impiegato ancora oggi.
Nell’accezione conosciuta in Italia, il concetto di educazione interculturale
è sorto in Europa solo agli inizi degli anni Ottanta e a mio parere rappresenta
la risposta pedagogica più idonea alla nuova situazione: la globalizzazione degli
esseri umani e delle loro forme di vita, la crescente diversità sul piano non solo
1
Si veda in particolare il capitolo di Cherry McGee Banks, alle pp. 124-137.
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