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PEDAGOGIAPIÙDIDATTICA
Ma che cosa intendiamo con il termine
qualità?
E con
qualità
proprio della
scuola dell’infanzia?
Qualità
è, per molti motivi, un termine ambiguo e complesso da definire. Si
parla, nello specifico, di «
proprietà caratteristica di una cosa, che ne determina la
natura e la distingue dalle altre» e, in generale, di «caratteristica positiva».
Molteplici
le definizioni che le sono state attribuite; qualità è: «il grado con cui uno specifico
prodotto soddisfa le esigenze di uno specifico utilizzatore finale» (Juran); «il livello
di eccellenza che possiede un prodotto o un servizio»; «un prodotto/servizio che
ha qualcosa che gli altri prodotti/servizi similari non hanno»; «porsi degli obiettivi
realistici, misurabili, misurati e migliorati costantemente»; «cercare sempre il modo
migliore per fare una cosa»; «qualcosa che riguarda le persone, i comportamenti,
la cultura, cioè quegli elementi che non possono essere né copiati né certificati»;
«un risultato determinato dalla misura in cui un prodotto risponde alle esigenze
dei clienti per i quali è stato realizzato» (
).
Se dovessimo far corrispondere ognuna di queste definizioni alla qualità della
scuola dell’infanzia che stiamo ricercando, potremmo dire che una siffatta scuola
dovrebbe essere, nello specifico, caratterizzata da categorie che ne determinano
esattamente la propria natura rendendola riconoscibile e distinguibile dagli altri
ordini di scuola e, in generale, che queste categorie dovrebbero essere prima di
tutto positive, ovvero a favore dello sviluppo dei bambini.
Continuando a seguire le definizioni di qualità, inoltre, una scuola dell’infanzia
così detta dovrebbe essere un servizio che, al pari di un prodotto, sappia soddisfare
le esigenze di uno specifico «utilizzatore finale»: il raggiungimento, nel nostro caso,
delle competenze di base dei bambini, preparandoli adeguatamente alla scuola
primaria e plasmando la loro mente così da renderla critica e aperta a molteplici
esperienze già dai primi anni di vita. E, come un prodotto/servizio, la sua qualità
è data da uno o più livelli di eccellenza: eccellenza nelle cure di routine e nella
promozione di esperienze cognitive e relazionali, eccellenza del curricolo impli-
cito e del curricolo esplicito, al fine di divenire, proprio attraverso questi livelli,
rappresentativa e diversa da altri prodotti/servizi. Ma questi livelli sono eccellenti
solo se possono essere realistici, misurabili, misurati e migliorati costantemente,
rispondendo in questo modo, sempre di più, alle esigenze dei «clienti», direbbero
le logiche di mercato, al raggiungimento della finalità della scuola dell’infanzia,
diciamo noi, ovvero promuovere e raggiungere, come sottolineato sopra, traguardi
di competenze nei bambini, rispondendo così alle esigenze, in senso lato, della
società di oggi e di domani.
Un’idea di qualità, però — questa la condizione necessaria se parliamo di
scuola — può esistere «a condizione che sia fortemente radicata nel contesto di
riferimento e, di conseguenza, riconosciuta da tutti i soggetti che fanno parte di
quella specifica comunità» (Cecconi, 2003, p. 4). La qualità, infatti, non può
prescindere dall’essere un «processo di costruzione sociale» (Cecconi, 2003, p. 4),
dal momento che, proprio per la difficoltà che si ha nel definirla, non può essere
«una caratteristica universalmente riconosciuta», ma, anzi, una caratteristica che
può sempre mutare nel tempo e nello spazio, relativa e dinamica.
Precisamente, la qualità della scuola può essere definita a un livello più macro,
livello globale
(comunale, regionale, ecc.), o a un livello più micro,
livello locale
(la
singola scuola). Intendiamo «la qualità globale l’insieme dei significati che la comu-
nità degli studiosi e dei decisori politici attribuiscono alle condizioni (pedagogiche,
amministrative, professionali, organizzative, ecc.) che devono essere garantite (a
livello comunale, regionale, nazionale, comunitario) perché il servizio possa essere
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