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PEDAGOGIAPIÙDIDATTICA
Ma nonostante l’importanza che appare immediatamente attribuita al signifi-
cato di progetto e al suo conseguente «dispositivo-progettazione», in molti contesti
scolastici il rischio è, al contrario, che questa imprescindibile architrave didattica
si tramuti (venga tramutata dal tempo e dall’abitudine) in un mero adempimento
burocratico, quando invece dovrebbe fungere da perno del nostro agire educativo,
grazie al quale promuovere un’eccellente
qualità
della didattica. Quando si parla
di progettazione, infatti, si fa riferimento a una molteplicità di «elementi» carat-
terizzanti la qualità della nostra scuola (dell’infanzia, ma di qualsiasi altro ordine
o grado scolastico): la scelta degli
obiettivi
e delle relative
attività,
le
indicazioni
metodologiche didattiche
che si deciderà di intraprendere, le pratiche di
valutazione
e
documentazione,
il ruolo dell’
insegnante,
l’attenzione al
bambino,
alle
famiglie,
agli
enti locali,
ecc.
Molti e caratterizzati da complessità appaiono quindi gli elementi di una
progettazione che, però, seguendo Baldacci (2006, pp. 15-17), ha delle «promes-
se» in grado di contemplarli tutti con imprescindibile rigore metodologico: (1)
trovare criteri (anche scientifici) per la strutturazione dell’intervento educativo,
strappandolo al caso e all’improvvisazione; (2) dare
centralità al bambino
al fine
di garantire il suo pieno sviluppo, il diritto all’educazione e all’apprendimento;
(3) dare un
contenuto
forte alla
professionalità didattica
dell’insegnante; (4) porsi al
crocevia metodologico tra le richieste pedagogiche più avanzate che sono proposte
dalla scuola: pieno sviluppo della persona; uguaglianza delle opportunità forma-
tive; qualità dell’istruzione; valorizzazione delle diversità culturali; valorizzazione
delle potenzialità individuali. Queste promesse, valide per ogni ordine di scuola,
risultano ugualmente pertinenti e fondamentali per quella scuola dell’infanzia che,
come diciamo dall’inizio, ha in mano il futuro dei cittadini di domani.
1.
Strutturare l’intervento educativo, strappandolo al caso e all’improvvisazione,
significa promuovere, anche nella scuola dell’infanzia, percorsi consapevoli
finalizzati alla promozione dell’apprendimento e della socializzazione, piani-
ficando le proposte educative e didattiche nella prospettiva di una continuità
con la scuola primaria, così da creare una congiunzione tra i campi d’esperienza
e le discipline. Si legge, infatti, nelle
Indicazioni nazionali per il curricolo,
che
«
pur nell’approccio globale che caratterizza la scuola dell’infanzia, gli insegnanti
individuano, dietro ai vari campi d’esperienza, il delinearsi dei saperi disciplinari
e dei loro alfabeti
»
(Ministero della Pubblica Istruzione, 2007).
2. Dare
centralità al bambino
nella scuola dell’infanzia significa, sempre seguendo
le
Indicazioni per il curricolo,
partire dal presupposto che «i bambini giungono
alla
scuola dell’infanzia con una storia […].
Le loro potenzialità e disponibi-
lità possono essere sviluppate o inibite, possono evolvere in modo armonioso
o disarmonico, in ragione dell’impegno professionale degli
insegnanti,
della
collaborazione con le
famiglie,
dell’
organizzazione
e delle
risorse
disponibili per
costruire
contesti di apprendimento ricchi e significativi»
(Ministero della Pubblica
Istruzione, 2007). Il bambino che viene presentato nei documenti del 2007
è un soggetto in possesso di un agire
auto-educante e autentico, protagonista
della propria crescita. Se la scuola dell’infanzia sarà effettivamente in grado di
metterlo in queste condizioni. Al centro,
appunto.
3. Dare un
contenuto
forte alla
professionalità didattica
dell’insegnante. Aggiungerei,
forse, nel caso della scuola dell’infanzia, dare un contenuto meglio organizzato
e una nuova professionalità didattica. Su quest’ultimo punto torneremo in
seguito, approfondendo il ruolo «di agente decisionale» dell’insegnante della
scuola dell’infanzia di oggi.
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