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La progettazione: una coordinata per una scuola dell’infanzia di qualità
Centralità del
bambino
e sua
formazione,
dunque, attraverso il raggiungimento
degli obiettivi prescritti nelle
Indicazioni per il curricolo
del 2007, sembrano essere
i punti focali delle promesse della progettazione. Anzi — ci sembra — appaiono
proprio come le istanze di cui la progettazione si deve fare carico, aderendo al
problematicismo didattico, secondo la cui prospettiva di pensiero la
formazione
è
istanza — dialettica e in divenire — di conciliazione e integrazione del momento
eterocentrico
(rappresentante le ragioni degli
oggetti di apprendimento,
cioè della
«cultura») e di quello
puerocentrico
(rappresentante le ragioni del
soggetto che
apprende,
cioè della sua «natura») (Frabboni, 2006, in Martini 2011, p. 180). Il
dispositivo progettuale in grado di realizzare questa conciliazione è il
curricolo,
«a patto che le scelte su
che cosa insegnare,
come
e in funzione di quali obiettivi
rispondano tanto a ragioni epistemologiche (quelle fatte valere dai saperi), quanto
a ragioni pedagogiche (quelle fatte valere dal soggetto)» (Martini, 2011, p. 180) e
seguano, quindi, canoni metodologici che legittimino la dimensione curricolare
della progettazione, sotto un profilo pedagogico e didattico: l’
intenzionalità;
la
contestualizzazione;
la
metodicità
e, infine, la
flessibilità.
Questi canoni appaiono
come lo sfondo delle promesse della progettazione, garantendole una
qualità globale
pienamente riconosciuta, fondata su una conciliazione razionale tra esigenza di
formazione
(nel nostro caso esigenza di promuovere e raggiungere le competenze di
base indicate nelle
Indicazioni per il curricolo
del 2007) e attenzione per il
bambino
che abbiamo effettivamente dinanzi a noi. Vediamoli velocemente da vicino, uno
per uno: l’
intenzionalità
sta a indicare come la progettazione didattica rappresenti
un dispositivo metodologico nelle mani degli insegnanti volto, per l’appunto, a
intenzionare il loro intervento formativo, conferendogli direzioni e mete precise
quanto esplicite; la
contestualizzazione,
invece, ci ricorda che l’intenzionalità, per
essere realmente tale, va storicizzata in base all’ambiente educativo nel quale pro-
gettiamo, così da tener conto delle molteplici variabili che caratterizzano l’utenza
scolastica; la
metodicità
indica che la progettazione «rappresenta un dispositivo
che connette in una strategia procedurale formale gli elementi dell’azione didat-
tica (situazione di partenza, obiettivi, contenuti, metodologie, verifiche, ecc.),
fornendo uno schema di concatenazione logica delle scelte da compiere in sede di
progettazione degli itinerari formativi»; la
flessibilità
, infine, riporta l’intenzione
dell’insegnante alla concezione, fondamentale, che la progettazione si configura
sempre come un’ipotesi di lavoro didattico e non come un dogma procedurale
immutabile (Baldacci, 2006, pp. 83-90).
La progettazione come dispositivo empirico di qualità: un esempio di ricerca-
formazione
I canoni metodologici di cui abbiamo parlato e che legittimano la prospettiva
curricolare della progettazione, sotto un profilo pedagogico e didattico — l’in-
tenzionalità, la contestualizzazione, la metodicità e, infine, la flessibilità — sono,
abbiamo accennato, immediatamente collocabili come garanzia di qualità della
progettazione e, quindi, di rimando, come garanzia di qualità della stessa scuola
dell’infanzia. Sono gli assi portanti di una «qualità globale» della progettazione.
Una progettazione che poggi, dunque, su questi assi si propone, a nostro
parere, come un vero e proprio dispositivo teorico ed empirico nelle mani degli
insegnanti, in grado di garantire, o almeno di provarci, una scuola dell’infanzia di
qualità, consentendo di monitorare attentamente — progettandoli, valutandoli,
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