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Il gioco nella didattica
a quella successiva sia nel senso che i loro caratteri sono indipendenti dalla
volontà degli individui che li accettano. Essi offrono dunque la situazione più
favorevole per dar luogo a un rapido sviluppo della vita sociale tra i bambini.
Anche nell’adulto, peraltro, il gioco con regole persiste e, anzi, evolve nel
corsodell’intera esistenza: si pensi alla carica affettiva, alle emozioni profonde e
alle reazioni violente che possono suscitare inpersone adulte lemanifestazioni
pubbliche di molti sport, i giochi con le carte, ecc. anche quando è escluso
qualunque interesse o vantaggio economico dall’esito di tali attività.
Secondo Piaget, esiste una sorta di crinale intorno all’età di 7 anni: dopo
il compimento di quell’età le partite sono ben strutturate, con osservanza
comune delle regole conosciute dai partecipanti, con mutua sorveglianza nei
confronti di questa ottemperanza e con uno spirito di competizione tale che
gli uni vincono e gli altri perdono, secondo quanto previsto dalle regole stesse.
Il gioco dei soggetti più giovani presenta invece tutt’altre caratteristiche: in
primo luogo ciascuno gioca con regole diverse poiché prende a prestito dagli
adulti regole differenti; il loro insieme è troppo complesso e il bambino riesce
a trattenerne solo una parte. Piaget ritiene significativo il fatto che a quell’età
manchi un controllo reciproco del rispetto delle regole: ognuno gioca come
gli pare, senza occuparsi troppo degli altri. Nessuno, soprattutto, perde e tutti
vincono, poiché lo scopoè soloquellodi divertirsi giocandoper sé, pur essendo
stimolati dal gruppo e partecipando a un ambiente collettivo. In altri termini,
non si stabilisce ancora un’autentica cooperazione, perfino su questo piano
ludico (Piaget e Inhelder, 1966).
Si pensi, perciò, alle conseguenze nella vita scolastica dell’incapacità di
seguire e rispettare le regole della convivenza e di partecipare alle proposte di
collaborazione nel lavoro quotidiano. Nei soggetti in ritardo nello sviluppo
intellettivo e della personalità spesso risultano necessari la presenza e l’aiuto
di un adulto perché essi riescano a rispettare le regole comuni, talvolta anche
solo quelle relative al semplice vivere insieme in modo civile. Ciò può essere
determinato, appunto, dal ritardo stesso: il soggetto non rispetta le regole non
perché spinto da pulsioni irrefrenabili alla ribellione, ma perché non le com-
prende e, soprattutto, perché vive ancora centrando l’attenzione sulle proprie
azioni, senza riuscire a interessarsi degli altri, pur insieme con essi.
In questi casi è soltanto la vita stessa, condotta insieme con i coetanei, che
può sollecitareunamaturazionedelle abilitànecessarie, così comenel bambino
è lo stesso gioco con regole che suscita il bisogno di sviluppare le capacità di
comprensione e controllo delle regole medesime. Il compito degli educatori,
in tali situazioni, non può essere altro che quello di motivare l’alunno alla vita
sociale, presentando una serie di attività scolastiche che possano essere utiliz-