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Il gioco nella didattica
tasti, pulsanti, icone, puntatori e scritte d’ogni genere, magari navigando in
Internet: i recenti progetti relativi alle nuove tecnologie stanno permettendo
a molte scuole di attrezzarsi in campo informatico. Tuttavia, anche strumenti
più poveri e più semplici consentono di coinvolgere l’allievo con difficoltà
d’apprendimentonelleattività scolastiche: regoli colorati eblocchi logici, cerchi
e quadrati per lo studio delle frazioni, domino delle frazioni e carte da gioco,
puzzle emosaici, televisore, videoregistratore e lettoreDVD, lavagna luminosa
ed episcopio, così come sussidi d’ogni genere, realizzati dagli insegnanti stessi,
possono risultare mezzi stimolanti e accattivanti per l’allievo.
Il ruolo di mediazione dell’adulto in questi casi è fondamentale: il piacere
dell’utilizzodegli strumenti didattici può essere la prima risorsa per le strategie
d’insegnamento e l’insegnante deve mediare all’allievo il gusto della sfida e
della disposizione verso il nuovo e il complesso (Feuerstein, Rand e Rynders,
1988, pp. 85-88).
Si tratta, in altri termini, di stimolare il soggetto ad affrontare attività non
ancora conosciute e più complicate rispetto a quelle intraprese in preceden-
za, impiegando strumenti altrettanto complessi, che richiedano un impegno
particolare per farli funzionare e, al tempo stesso, che diano soddisfazione
durante il loro uso. È necessario, altresì, mediare al soggetto la consapevolezza
di queste caratteristiche e stimolare la percezione chiara e ben consapevole
che la nuova esperienza consiste in un’autentica sfida per se stesso e per le
proprie capacità.
Il gioco simbolico
SecondoPiaget, con la comparsadella funzione simbolica il giocoassume
a pieno titolo il suo ruolo. L’intelligenza rappresentativa, infatti, origina duran-
te il secondo anno di vita: appare così un complesso di condotte che implica
l’evocazione rappresentativa di un oggetto o di un avvenimento assente e che
presuppone, di conseguenza, la costruzione o l’uso di significanti differenziati.
Questi ultimi devonopotersi riportare tanto a elementi nonpercepibili quanto
a quelli che sono presenti.
In questo quadro il gioco vero e proprio, che Piaget definisce il dominio
dell’interferenza tra gli interessi conoscitivi e affettivi, compare durante quello
che l’autore identifica come il sottoperiodo dai 2 ai 7-8 anni. Vi è dapprima
imitazione differita, che compare in assenza del modello da imitare. Essa
costituisce un inizio di rappresentazione e il gesto imitatore un inizio di signi-
ficante differenziato, poiché necessita di interiorizzazione di modelli percepiti
a distanza di tempo e rievocabili dal bambino (Piaget e Inhelder, 1966, pp. 52-
1,2,3,4,5,6 8,9,10,11,12,13,14,15,16