D
IFFICOLTÀ
DI
APPRENDIMENTO
N
. 4,
APRILE
2011
516
un’insegnante di mezza età che si caratterizza da subito come una professionista molto
impegnata nel proprio lavoro, fiduciosa, ottimista, in una parola progressista (P); infine
un insegnante di filosofia e storia in un liceo scientifico, culturalmente molto preparato
ma un po’ scettico e sfiduciato, maggiormente incline a recuperare valori educativi più
tradizionali (T). I nostri personaggi hanno discusso per otto giorni sul problema che ci
sta a cuore. Ogni giorno hanno inquadrato il problema della «gestione» della classe
secondo una particolare prospettiva:
1° giorno:
l’autorappresentazione professionale,
dove si discute del ruolo e della
responsabilità sociale dell’insegnante;
2° giorno:
l’autocontrollo,
dove si cercano soluzioni ai problemi di stress edi autostima;
3° giorno:
la comunicazione,
dove si riflette sull’autorevolezza dell’insegnante e su
come agire per ottenerla;
4° giorno:
la progettualità,
dove si parla di programmazione e dei diversi modi di
fare lezione;
5° giorno:
la gestione,
dove si analizzano le dinamiche di classe e le strategie per
governarle;
6° giorno:
lamateria di insegnamento,
dove si dibatte su saperi, abilità e competenze;
7° giorno:
la valutazione,
dove si confrontano modi diversi di valutare;
8° giorno:
le relazioni,
dove si parla dei rapporti che intessono la funzione docente.
Le opinioni da loro espresse le abbiamo poi utilizzate come spunto per riflessioni
più organiche. In ogni ambito abbiamo proposto anche degli strumenti di stimolo alla
riflessione e all’autoanalisi e abbiamo distillato delle conclusioni molto sintetiche, che
possano richiamare rapidamente in memoria le soluzioni che è preferibile adottare o
gli errori che si dovrebbero evitare.
Prendiamo ad esempio il dialogo del terzo giorno, quello durante il quale si discute
della comunicazione e dell’autorevolezza dell’insegnante.
Il dialogo del terzo giorno
G.
Adesso che ci conosciamo un po’ di più, mi permetterete una domanda un po’ personale:
fate parte anche voi della fortunata schiera di «eletti» ai quali l’insegnamento viene
facile, perché hanno un carisma si direbbe innato, mentre altri, la maggior parte,
devono sudare sette camicie per conquistarsi un po’ di autorevolezza?
T. Il termine «carisma» mi sembra un po’ eccessivo. Deriva dal greco antico cháris,
che significava «grazia», quindi dono divino. Nel nostro contesto, non mi pare ci
sia nessuno prescelto dalla grazia divina. Più che di straordinarie qualità personali
attribuite a un capo, mi sembrerebbe più opportuno parlare di leadership.
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