L
A GESTIONE
DELLA
CLASSE
:
AUTORAPPRESENTAZIONE
,
AUTOCONTROLLO
,
COMUNICAZIONE
E
PROGETTUALITÀ
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predispone la classe a un andamento nevrotico che provocherà reazioni di rifiuto. Ciò è
tanto più vero quanto più la classe è stanca e nervosa. Questo momento decisivo deve
essere giocato senza errori comunicativi e l’obiettivo deve essere chiaro: l’inizio dell’ora
deve partire col silenzio. Poi si possono negoziare le attività, gli obiettivi, il livello di
sforzo e così via, in base alla situazione. Ma la lezione deve partire col ritmo giusto e
con la chiara indicazione che è l’insegnante a dare le carte. Naturalmente i comporta-
menti dovranno essere modulati sulla base degli interlocutori che si hanno davanti. Un
conto è avere dei bambini turbolenti, altro conto è avere dei diciottenni quasi del tutto
autonomi. Tempi, ritmi, richieste, esercizio del potere, ecc. possono cambiaremoltissimo
da situazione a situazione.
Prendiamo in considerazione anche l’affermazione 15: perché sarebbe sbagliato
parlare prima e sottolineare dopo, col gesto, l’importanza di ciò che si è detto? Sem-
brerebbe una minuzia. Se ci si pensa bene, la comunicazione in classe è un linguaggio
misto, in quanto attiva congiuntamente due codici, quello della lingua e quello del
corpo. Anche il linguaggio non verbale presenta in qualche modo una morfologia, una
semantica e una sintassi. Il gesto acquista un senso solo in interazione con altri gesti,
o espressioni del volto, e con le parole. Tra gesti e parole, perché la comunicazione
funzioni, ci deve essere armonia: gesti brevi e rapidi accelerano il discorso e stimo-
lano emozioni, mentre gesti lenti e tranquilli lo rallentano e rassicurano. Il gesto che
precede la parola, anche se solo di frazioni di secondo, richiama l’attenzione su ciò
che immediatamente dopo verrà detto e che deve essere udito e rielaborato. Se il gesto
seguisse, distrarrebbe proprio nel momento in cui la focalizzazione deve essere posta
sulla parola. Sarebbe un errore di sintassi comunicativa. Insomma la comunicazione
deve essere congrua, ci deve essere cioè corrispondenza fra ciò che si dice e come si
dice, e fra ciò che si dice e come ci si comporta.
Nel punto 17 si indica come negativo il fatto di incrociare lo sguardo degli alunni
più attenti, che certamente risulta più facile da assecondare. Però il contatto visivo è
uno degli strumenti più efficaci per catturare e mantenere l’attenzione e deve essere
usato di più proprio là dove si corrono i maggiori rischi di perderla.
Nell’affermazione 20 si ritiene negativo non soffermarsi a riflettere per non per-
dere il contatto con la classe. Anche qui sembrerebbe più probabile che, se il docente
interrompesse il flusso della comunicazione, si aprirebbero varchi per la distrazione.
Invece non è così. Plutarco aveva capito bene che il ruolo dell’ascoltatore è collabo-
rativo e deve essere appreso. La pausa di riflessione, che naturalmente deve essere
breve, svolge molteplici funzioni: anzitutto dà una modulazione più varia al discorso
(pieni-vuoti-pieni) rendendolo meno monotono; poi suggerisce un tono di calma e di
problematizzazione, come dire: non sto ripetendo a pappagallo, ma sto elaborando sul
momento; infine catalizza di più l’immedesimazione dell’ascoltatore, che è chiamato, con
l’attenzione e con l’atteggiamento che la manifesta, a essere compartecipe alla costru-
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