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DUCARE
ALL
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AFFETTIVITÀ
gli insegnanti dovessero lasciare fuori dal portone d’ingresso tutti i loro vissuti
affettivi — a parte l’indiscusso e astratto «amore per i bambini» — nel nome di
un trattamento il più possibile «oggettivo» delle materie e degli allievi. Qualcuno
che ride troppo a lungo disturba e chi piange imbarazza: in fondo sono cose
private, è bene che ognuno le viva a casa propria.
Ma abbiamo visto che non può essere così. La scuola è un luogo di emo-
zioni, stati d’animo, sentimenti: a scuola si vive affettività. La scuola è fatta di
persone, persone che hanno una vita e una storia di vita. Un allievo può arrivare
a scuola arrabbiato per un litigio in famiglia, così come una maestra può arrivare
a scuola felice per il proprio compleanno: questi stati d’animo influenzano il
modo di pensare, comunicare e agire di queste due persone e condizioneranno
le esperienze della loro giornata di scuola, anche se dovranno soltanto risolvere
un problema di matematica.
C’è un secondo motivo per cui sosteniamo che a scuola si viva, e si debba
vivere, costantemente l’affettività: essa è un luogo di interazione, di relazione, di
scambio fra le persone. Ed è proprio nelle relazioni, nello scambio fra un singolo
e il proprio ambiente che nascono le varie sfaccettature dell’affettività. Sul confine
fra Io e Altro nascono stati d’animo ed emozioni e nell’interazione fra i due si
sviluppano atteggiamenti, sentimenti, stati d’animo. Anche la scuola, quindi, con
le sue diverse interazioni — fra pari o asimmetriche — origina affettività.
Infine, la scuola è un luogo di crescita e apprendimento. A scuola i bambini
e le bambine, i ragazzi e le ragazze — e in realtà anche gli insegnanti — ap-
prendono: è un processo fatto di sviluppi in positivo, passi in avanti, ma anche
piccoli o grandi passi all’indietro. A scuola si vivono successi e insuccessi e questi
portano con sé soddisfazione, orgoglio, gioia, ma anche delusione e rabbia:
ancora una volta, dunque, emozioni, stati d’animo e sentimenti. A loro volta,
queste esperienze di affettività vanno a influenzare i processi di apprendimento
successivi, migliorandoli, rafforzandoli o invece ostacolandoli. La scuola, quindi,
proprio per la sua funzione più classica di luogo di apprendimento si tinge co-
stantemente di affettività.
Nel capitolo precedente abbiamo già visto che la nostra proposta pedago-
gica vuole andare oltre alle spontaneistiche reazioni degli insegnanti davanti a
un’affettività che, nonostante venga tenuta il più possibile in forma latente durante
la scuola, di tanto in tanto si rende visibile nei suoi picchi. Non si tratta, quindi,
di pensare di trattare l’affettività a scuola in modo che non vada a influenzare,
o addirittura, a disturbare i «veri» processi di apprendimento: parlare in fretta
di uno sfogo di rabbia fra ragazzi subito dopo un conflitto che ha interrotto la
lezione, in modo da poter presto riprendere il normale svolgimento oppure un
colloquio davanti alla porta della classe con una bambina che sembra triste, risolto
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