Dispersione scolastica e politiche per il successo formativo
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dignità per tutte le categorie sociali, e il bisogno di stabilire criteri giusti
di valutazione dei risultati per garantire il riconoscimento degli sforzi e
dei talenti;
3. quello tra
uguaglianza e differenza,
che richiama l’alternativa tra insegna-
mento standardizzato e individualizzato, il primo attento a non creare
disparità in termini di offerta e il secondo sensibile nell’evitare forme di
omologazione e di perdita di identità.
Fare i conti con la complessità che deriva dal voler coniugare principi
non sempre affini e posti al medesimo livello (giustizia, uguaglianza, equità,
merito, qualità, efficacia, rispetto, ecc.), ma rappresentativi dell’insieme delle
istanze sociali che trovano posto nella scuola, risulta perciò inevitabile in ogni
politica educativa, volta a estendere il diritto all’istruzione ma nello stesso
tempo a salvaguardarne la qualità specifica. Allo stesso modo è inevitabile
porre lo sguardo ai risultati scolastici degli allievi, e precisamente alla loro
distribuzione lungo la scala sociale, per trovare conferma della bontà di tali
politiche. La presenza di fenomeni dispersivi fa emergere allora con forza la
necessità di un’analisi multilivello sui legami tra diritto all’istruzione, azione
ugualitaria della scuola e stratificazione sociale.
Dal punto di vista sociologico, sono le disparità sociali che precedono
l’azione educativa
(disuguaglianze in ingresso)
a distribuire inmodo disuguale
la capacità di accesso dei cittadini svantaggiati ai percorsi scolastici e a rendere
maggiormente imprevedibile il raggiungimento delle soglie teoriche previste
(disuguaglianze di risultato);
vi sono poi effetti di disuguaglianza prodotti
dall’intervento scolastico vero e proprio
(disuguaglianze di trattamento),
sia attraverso meccanismi di esclusione e discriminazione, sia attraverso
azioni «neutre», cioè quelle che si limitano a dispensare le medesime risorse
educative a tutti gli alunni (indipendentemente dalle loro condizioni ini-
ziali) per poi confermare, nella valutazione degli esiti scolastici, le disparità
d’origine; in questo senso viene meno l’azione riequilibratrice della scuola
e si opera un’uguaglianza «ingiusta». Infine, vi sono disuguaglianze nelle
diverse utilità dell’investimento in istruzione, che differenziano i tempi di
accesso al mercato del lavoro, le retribuzioni e le carriere in base al titolo di
studio posseduto
(disuguaglianze di redditività)
.
Non è corretto, allora, parlare semplicemente di uguaglianza — al-
trimenti occorrerebbe spiegare «uguaglianza, di che cosa?», «fra chi?» (Sen,