L’approccio teorico della sociologia dell’educazione
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che si sono svolti con un interessante intreccio tra rilevazioni empiriche,
modelli di analisi e linee di intervento. La stessa definizione di dispersione,
che ha identificato forme «nuove» ed emergenti a fianco di quelle «vecchie»
e persistenti, si è fatta via via sempre più complessa e dinamica, arrivando
a includere micro e macrofenomeni, manifestazioni visibili e invisibili (ad
esempio il disagio scolastico). L’analisi dello scenario quantitativo, come si è
già detto, ha sempre accompagnato l’interpretazione delle cause, dei processi
e degli effetti sociali della dispersione; il passaggio dall’analisi all’intervento,
a diversi livelli di scala (locale, regionale, nazionale, internazionale), si è
poggiato tradizionalmente su tale scenario. È interessante allora ripercorrere
brevemente le tappe di questo iter conoscitivo per coglierne il significativo
slittamento delle parole d’ordine: dalla dispersione scolastica al successo
formativo.
Secondo Morgagni (1998), nel periodo più recente si sono succedute
stagioni diverse nelle quali la dispersione è stata catturata dall’indagine
sociologica e dalle sue chiavi di lettura, ispirando linee di intervento
istituzionale. Negli anni Sessanta e Settanta dominava nel contesto anglo-
sassone una
visione strutturale
della dispersione, definita mediante i tassi
di
underachieving
(il rapporto tra gli studenti con rendimento scolastico
basso e insufficiente e i tassi medi di rendimento) e di abbandono precoce.
La dispersione veniva motivata ricorrendo alle teorie sulla deprivazione
socioculturale e sulla marginalità economica, fenomeni strutturali che col-
piscono gli strati svantaggiati della società e le minoranze immigrate, come
dimostrò il celebre Rapporto Coleman.
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Le politiche, anche nel nostro
Paese, in quel periodo si concentravano sull’assolvimento dell’obbligo di
studio per tutte le classi sociali e sull’educazione compensativa per dare «di
più» a chi ha «di meno».
A partire dalla fine degli anni Settanta, con la scolarizzazione di massa
(e l’inizio del calo demografico), e sulla scorta di teorie maggiormente aperte
ai fattori individuali e alla qualità dell’istruzione, si fa strada una
visione più
allargata
della dispersione. Essa comprende oltre ai soggetti con basso rendi-
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Si veda Coleman e collaboratori (1966). Il Rapporto dimostrava come nelle scuole pubbliche ameri-
cane gli allievi appartenenti alle minoranze subivano una chiara segregazione razziale ed etnica, con
rendimenti scolastici inferiori a quelli dei bianchi, effetti di disuguaglianza prodotti dalla cumulazione
dei fattori di svantaggio: la concentrazione etnica, le basse aspirazioni, la scarsa qualità degli insegnanti,
il gruppo dei pari poco proteso verso il successo scolastico, ecc.