L’approccio teorico della sociologia dell’educazione
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un diritto per il cittadino e un onere per lo Stato riguardo all’educazione,
ma si preoccupano anche di tutelare la libertà di orientamento religioso e
filosofico del singolo nella scelta del tipo di istruzione per sé e per i propri
figli. In particolare, la finalità sociale e umanistica dell’istruzione è sotto-
lineata dall’art. 26, secondo cui l’istruzione «promuove la comprensione,
la tolleranza, l’amicizia tra i gruppi [...] al fine di favorire il mantenimento
della
pace
», principio che sottolinea la maggiore flessibilità con cui è guar-
data l’uguaglianza in un contesto di pluralismo e che intende concretizzare
attraverso l’istruzione una
differenza
nell’uguaglianza
(Pennicino, 2007).
La
Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea
(2000), all’art. 14,
stabilisce conformemente che lo Stato «deve rispettare il diritto dei geni-
tori di provvedere all’educazione dei figli [...] secondo le loro convinzioni
religiose e filosofiche».
Nella Costituzione della Repubblica Italiana (1947) si trova il principio
di uguaglianza nell’art. 3.
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Il valore ugualitario dell’istruzione (con relativo
impegno dello Stato verso la sua diffusione in tutti gli strati sociali) è invece
sancito dall’art. 34, che recita:
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto
anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi,
hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende
effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre prov-
videnze, che devono essere attribuite per concorso.
Lo studio, fino ai gradi più alti, si configura dunque come un
diritto
di ciascuno, tutelato dallo Stato, che rimuove le eventuali condizioni di
svantaggio. Lo studio è altresì un
dovere,
riconosciuto nella sua obbligatorietà
(vincolante per il cittadino) entro una durata minima stabilita: la Costitu-
zione la fissava in otto anni, corrispondenti all’assolvimento dell’obbligo
scolastico nella scuola primaria e secondaria di primo grado; prima dei 14
anni, di conseguenza, la legge impediva che un minore potesse svolgere
attività lavorativa secondo le norme. Successivamente, la legge di riforma
53/2003 ha portato la
soglia minima
di studio a dodici anni complessivi,
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«Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge [...]. È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto l’eguaglianza e la libertà
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione dei
lavoratori all’organizzazione economica, politica e sociale del Paese.»