L’approccio teorico della sociologia dell’educazione
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Vediamo pertanto come rientri nei compiti dello Stato attuare, nei
confronti di tale diritto, una politica di espansione dell’accesso scolastico («in
misura sempre maggiore») e realizzare l’«uguaglianza delle possibilità».
Come è noto, vi sono diverse
concezioni dell’uguaglianza
delle possibilità
(o opportunità) educative a fondamento delle politiche ugualitarie degli
Stati moderni, a seconda che si consideri l’educazione un bene individuale
o collettivo, che si miri cioè alla massima apertura degli accessi all’istruzione
da parte dei singoli cittadini — lasciando poi che le differenze individuali
diano luogo a risultati educativi differenziati —, o si voglia conseguire un
elevamento dei livelli complessivi di istruzione, eliminando le disparità
iniziali tra gli individui o comunque non spingendoli verso conseguimenti
differenziati in quanto discriminanti ai fini degli accessi al mondo lavorativo
e ai «premi economici» connessi.
La prima concezione, secondo Besozzi (2006c, p. 163), è detta
indi-
vidualista
o
meritocratica,
e conduce a un’uguaglianza di tipo
formale,
ossia
impegna lo Stato nel garantire uguali opportunità di accesso al sistema
educativo, indipendentemente dalle origini sociali, e criteri universalistici
di valutazione dei rendimenti individuali. La seconda concezione è detta
collettivista
o
sostanziale,
e mira a eliminare le barriere sia formali (di accesso)
sia sostanziali (in termini di risorse, trattamento e valutazione dei risultati)
che possono ostacolare il raggiungimento dei medesimi esiti da parte di quelle
categorie sociali che per ragioni economiche o socioculturali risultano carenti
di mezzi: si tratta di fornire loro le stesse possibilità di riuscita garantite a chi
proviene da condizioni di maggiore vantaggio. Poiché, di fatto, le disparità
educative persistono nonostante l’apertura degli accessi e la distribuzione
di pari risorse fra gli alunni, questa concezione fa propria la critica verso
l’operato della scuola intesa quale apparato fondamentalmente ingiusto e
riproduttore (intenzionale o no) delle disuguaglianze di partenza.
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Ciascuna delle due concezioni, nel corso del Novecento, ha «misura-
to» i risultati effettivi delle politiche ugualitarie con indicatori diversi, ad
esempio come espansione del numero di persone che accedono ai diversi
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La concezione individualista fa capo alla scuola del funzionalismo, alla teoria economica del capitale
umano (Schulz, 1971) e alle teorie meritocratiche (Walzer, 1987; Trannoy, 2000); la concezione
collettivista alla scuola del conflittualismo, alle teorie della deprivazione e della riproduzione sociale
e culturale (Bourdieu e Passeron, 1971; 1972; Bowles e Gintis, 1979).
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