38
Psicologia dell’educazione
Vol. 5, n. 1, marzo 2011
degli oggetti verso le trasformazioni necessarie affinché il problema stesso assuma una
forma più accessibile e produttiva.
Successive analisi critiche del concetto di intuizione hanno contrapposto all’influenza
negativa della fissazione l’effetto della mancata esperienza dei solutori, poiché malgrado
fosse stato indicato chiaramente l’ostacolo alla soluzione molti soggetti non riuscivano
comunque a risolvere il problema assegnato (Weisberg e Alba, 1981).Tuttavia, la fissazione
è un meccanismo così ben strutturato che non può essere superato facilmente, neanche
con precise indicazioni. L’unico modo per riuscire a sormontarla è indebolire la fiducia
del soggetto nel proprio metodo (Mosconi, 1994).
Una delle critichemosse all’apprendimento attraverso la scoperta è proprio il rischio di
autoreferenzialità che ostacola il confronto con metodologie e opinioni differenti rispetto
a quelle adottate per arrivare agli esiti della propria scoperta. Quando un discente ha
estrema fiducia nel proprio modo di procedere o nei suoi risultati, difficilmente li mette
in discussione, perseverando in vere e proprie fissazioni e rischiando in questo modo di
limitarsi a visioni parziali, se non addirittura erronee.
Nell’apprendimento, la scoperta può essere intesa non solamente come produzione
ex novo
, ma anche come capacità di rilevare nell’ambiente, di scoprire, delle risorse valide.
In questo senso, la scoperta di modelli significativi chiama in gioco una forma specifica
di apprendimento: l’
imitazione
. La riproduzione attiva delle azioni percepite nel com-
portamento di altre persone è agita precocemente e comporta da una parte la capacità di
elaborare una rappresentazione mentale che attiva processi intermodali di traduzione dei
modelli visivi in modelli motori (Miller e Dollard, 1977; Nadel e Butterworth, 1999)
e dall’altra la capacità di
mindreading
(Meltzoff e Prinz, 2002): l’imitazione ha infatti
una forte valenza sociale e si basa sulla capacità di cogliere le intenzioni dell’altro e di
cambiare prospettiva visiva (passaggio dal modello dell’altro all’imitazione prodotta in
prima persona).
L’esempio diretto è molto più efficace della semplice spiegazione, perché, oltre a
mostrare l’azione in contesto, permette di cogliere il valore attribuito a livello sociale e
l’atteggiamento individuale e di osservare strategie di autoregolazione esibite da parte del
soggetto-modello. Queste e altre considerazioni hanno portato al riaffermarsi dell’appren-
dimento per modelli, spesso associato a fasi di apprendimento tipiche dell’infanzia, anche
in contesti lavorativi e di formazione al lavoro (Pontecorvo, Ajello e Zucchermaglio, 1995).
Sostenere la scoperta
Nell’apprendimento attivo l’adulto gioca un ruolo compartecipato con lo studente,
di collaborazione, più che di autorità: «L’adulto deve essere un collaboratore, non un
capo!» (Piaget, 2009). Questo ruolo può essere svolto ponendosi in quanto modello di
comportamenti, così come di motivazioni o di atteggiamenti, o come tutor che orienta
l’azione con suggerimenti mirati o stimola i discenti all’apertura, al decentramento e alla
flessibilità. Questo secondo aspetto sposta l’attenzione su un’importante contropartita
© Edizioni Erickson
1,2,3,4,5,6,7 9,10,11,12,13,14,15,16